Incostituzionale negare ai militari il diritto, riconosciuto da CEDU e Carta sociale europea, di costituire associazioni sindacali

Con sentenza dell’11 aprile 2018, depositata in Cancelleria il 7 giugno 2018, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittima la norma del Codice dell’ordinamento militare (art. 1475, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66) che nega ai militari il diritto di costituire associazioni a carattere sindacale.

La Corte costituzionale ha ritenuto fondati i dubbi sulla legittimità costituzionale del divieto, sollevati sia dal Consiglio di Stato sia dal TAR del Veneto, rinvenendo una violazione dell’articolo 11 CEDU sulla libertà di riunione e associazione inclusa quella sindacale, come interpretato dalla Corte EDU. Quest’ultima, infatti, nelle recenti sentenze nei casi Metelly e ADefDroMil (“espressione di un approdo giurisprudenziale stabile”, cfr. par. 8.1 del Considerato in diritto), ha negato che gli Stati possano mettere in discussione il diritto alla libertà di associazione dei membri delle loro Forze armate, pur potendo introdurre «restrizioni legittime», come previsto nello stesso art. 11, purché queste non intacchino gli elementi essenziali di tale libertà.

Altresì, con riferimento alla Carta sociale europea (CSE), la Corte costituzionale ha rimarcato che questa presenta “spiccati elementi di specialità rispetto ai normali accordi internazionali, elementi che la collegano alla CEDU” (par. 10.1 del Considerato in diritto) e costituisce «fonte internazionale», parametro interposto di costituzionalità ex dell’articolo 117, comma primo, della Costituzione. La Corte costituzionale ha concluso per l’incompatibilità del divieto per i militari di costituire associazioni sindacali con l’articolo 5 CSE, il cui contenuto è simile a quello dell’articolo 11 CEDU.

Invece, la Corte costituzionale ha ritenuto ammissibile, rispetto ai vincoli internazionali dell’Italia, il divieto per i militari di aderire ad altre associazioni sindacali, poiché questo non comporta il venir meno di un elemento essenziale della libertà di associazione. In particolare, a fronte di opposta pronuncia del Comitato europeo dei diritti sociali – l’organo deputato a conoscere dei reclami collettivi sull’inadeguata applicazione della CSE da parte degli Stati contraenti –, la Corte ha affermato che le pronunce di tale Comitato, pur autorevoli, non vincolano i giudici interni nell’interpretazione della CSE, “tanto più se (…) l’interpretazione estensiva proposta non trova conferma nei nostri princìpi costituzionali” (par. 13.4 del Considerato in diritto).

 

(Segnalazione di Lorenza Mola)

 


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